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Sant’ Irene

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Secca di S. Irene

È una secca enorme tanto da permettere immersioni entusiasmanti, ed escursioni subacque. ….

E’ raggiungibile con imbarcazione dal porto di Vibo Marina in 15mm. La secca rocciosa degrada bruscamente dai 9 ai 22 metri per arrivare sui 25 massimo.

Tra le pareti suggestive del gradone si offre l’imboccatura di un arco naturale alto 3 metri, largo 10 e lungo 12. È incantevole il blu che si avverte attraversandolo e vi si trovano interessanti e tantissime specie ittiche: cernie, saraghi, occhiate e branchi di barracuda.

Baia Sant’ Irene

La baia di Sant’ Irene si trova a Briatico, dove la costa è a tratti frastagliata e a tratti morbida e sabbiosa, spicca lo scoglio ‘A Galera’, uno scoglio con numerose cavità a forma di cellette comunicanti tra loro. E’ uno scoglio tufaceo a circa 200 m dala riva. Secondo una leggenda le celle erano adibite a prigione, secondo un’ altra leggenda in una di quelle cellette un re fece rinchiudere la figlia, per avergli disobbedito innamorandosi di un giovane non gradito alla famiglia. In verità il nome deriva da un’ imbarcazione, la galera o galea detta così perché remata dai galeotti. Si trattava imbarcazione della flotta cristiana comandata da Colonna che nel nel 1571, si apprestava ad affrontare i Turchi nella Battaglia di Lepanto, spinta da una burrasca, s’incagliò tra la costa di S. Irene e l’isolotto prospiciente. Colonna si era fermato nelle marine calabresi per andare a salutare la sorella Geroloma Colonna, moglie del Duca Camillo Pignatelli che risiedeva nel Castello di Monteleone, l’odierna Vibo Valentia.
Lo scoglio di S. Irene, in realtà, era un vivarium romano, un’antica peschiera. In età romana una parte dello scoglio tufaceo fu scavato ottenendovi delle vasche e cunicoli per l’allevamento del pesce, e i pescatori della zona, dopo aver cattuarto i tonni, li facevano passare attraverso cunicoli che conducevano a grandi vasche dove venivano ammucchiati, in attesa di essere mattati, poco per volta, a seconda del bisogno. La mattanza, cioè l’uccisione (matar) dei tonni e delle murene avveniva con arpioni, uncini, bastoni, sulla spiaggia antistante Sant’Irene, dove il pesce veniva anche lavorato, ed era seguita dai canti dei pescatori. La parte piana emersa dello scoglio veniva usata, invece, per la lavorazione. A S. Irene vi si trovano ancora degli interessanti residui di vasche per la preparazione del garum, una vera specialità del periodo romano preparata a base di pesce lasciato fermentare al sole.